rodolfo

«Ma la sua concezione della morte, esattamente, è più lucreziana o francescana?»: di primo acchito potrebbe anche sembrarvi una domanda della settima ora al convegnone in cui siedono gli amici e i parenti dei relatori. Se invece a formularla è un ragazzo di 16 anni di un liceo scientifico, il quesito diventa doppio: e adesso? Si è portato le mani ai capelli anche Rodolfo Di Biasio prima di rispondere, anzi di fornire una non-risposta: «Amico mio, sono in grande difficoltà: se avessi saputo risponderti, non avrei scritto».

Giovedì si è aperto così al liceo “Leonardo Da Vinci” di Terracina l’incontro tra i ragazzi ed il poeta originario di Ventosa, tra le voci più brillanti del nostro Novecento. Rodolfo Di Biasio è autore di cinque libri di poesie ed anche di tre volumi in prosa, quella forma di scrittura che «è servita ad allenare i versi, la poesia». Insomma, una bibliografia controcorrente rispetto alla proliferazione contemporanea, ma una vastità insita in ciascuna delle opere. «Ho scritto di partenza, permanenza e ritorno: la saga della vita di cui volevo scrivere si era compiuta».

Nell’incontro pomeridiano del 22 gennaio scorso è emersa la caratteristica fondamentale degli appuntamenti de “L’albero della poesia” con ragazzi tra i 15 ed i 18 anni: i versi attraggono ancora, ma soprattutto compito della scuola è proprio questo, creare un ponte tra autori e lettori. La poesia non è affatto morta. «I miei volumi – spiega il poeta Di Biasio – furono adottati da 400 classi solo in provincia di Latina e poi ci s’incontrava tutti a Ventosa, sui luoghi del racconto: conservo dei ricordi incredibili. Oggi questo non sembra più possibile, ma ci si ricordi che insegnare rimane una responsabilità e il mestiere più bello del mondo». Quale futuro per la poesia? «Non è semplice, ragazzi – ammette Di Biasio – i miei erano altri tempi, tempi di grandi giornate di studi, tempi di premi letterari per cui ci si azzuffava; le lettere godevano di un periodo d’oro. Posso consigliare di trovare la propria cifra, essere una voce che si erge dal coro, dal chicchiericcio».

Ma a proposito, quella questione della morte? Lucrezio si era in sostanza dichiarato d’accordo con quanto scrisse Epicuro: «Il più orribile dei mali, la morte, non è dunque nulla per noi, poiché, quando noi siamo, la morte non c’è e, quando la morte c’è, noi non siamo più». Nel De rerum natura del poeta latino si legge: «Così, quando non ci saremo, quando avverrà la scissione/ del corpo e dell’anima di cui siamo insieme formati,/ è certo che a noi, che non ci saremo, niente/ potrà accadere e stimolare i nostri sensi,/ neanche se la terra si mescolasse al mare e il mare al cielo».

Nel Cantico, invece, San Francesco scrive (rigorosamente con la “k”):  «Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale,/ da la quale nullu homo vivente pò skappare./ Guai a cquelli ke morrano ne le peccata mortali,/ beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati,/ ka la morte secunda no ‘l farrà male». E scrisse infine a donna Giacomina: «Affrettati a venire se vuoi trovarmi vivo. E porta con te un panno scuro in cui tu possa avvolgere il mio corpo; porta anche i ceri per la sepoltura. Ti prego inoltre di portarmi quei dolci, che eri solita offrirmi quando mi trovavo a Roma».

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Simone di Biasio

Simone di Biasio

Simone di Biasio è giornalista pubblicista freelance. Nel 2013 pubblica il suo primo libro di poesia, "Assenti ingiustificati", con la prefazione di Claudio Damiani. È Presidente dell'Associazione Libero de Libero.