Oggi ospitiamo una riflessione su Claudio Damiani, “voce bianca” (secondo Roberto Galaverni) della poesia italiana contemporanea e Presidente Onorario della Associazione Libero de Libero. Anche perchè non capita sempre di leggere un libro e sperare che finisca il più tardi possibile. A me, almeno, sarà capitato tre o quattro volte. Tra queste devo annoverare proprio “Il fico sulla fortezza” di Damiani. C’ho messo sette giorni per leggerlo. E questo è un tempo assai lungo per i miei standard di lettura.
Prima di questo libro non avevo mai letto nessun titolo di Damiani, fatta eccezione per qualche poesia trovata sul web. Ecco, devo dire con estrema correttezza di intenti che sono rimasto affascinato dal delicato poetare dell’autore. Delicato, sì. Perché i versi di Damiani sono delicati per l’accento, per le immagini che spesso evocano i ricordi di un fanciullo a rapporto dalla casa che ospitava le rincorse alle galline e il pascolare dei cavalli.
Ecco, sono tornato qua / dove tutto è cominciato / La casa è rotta, non importa, / mi siedo qui sul muretto / Come mi piace sentire quest’aria sulle mie guance, / l’aria di quand’ero bambino / E questi cavalli che pascolano / mi piace guardarli […]
Come detto, “delicato” è l’aggettivo che scorre nella mia mente se penso alla poesia di Damiani. Eppure non c’è soltanto quest’eterna forma di carezza. La scrittura è semplice e spesso si sfiora la tecnica prosaica, come in questi dialoghi che vivrebbero benissimo in un romanzo:
Ma che è, che è successo? / E’ tornata la tua infanzia, vieni a vedere! / Ma che dici? Ma non è possibile! / Sì ti dico, guarda fuori dalla finestra, il canale / Quale canale? / Quello lungo la strada. Quello che, a primavera, si copriva di un tappeto d’oro / Ma sei sicuro che è proprio quello, di canale? / Sì, è lui. Guarda, una volpe / Sì, effettivamente, è una volpe […]
Mentre rileggevo questi versi ho udito un suono: sbam! Contrariamente a quanto si possa pensare, il suono udito non è paragonabile a quello che produce la porta spinta dal vento. Ma è il suono che arriva diretto e senza barriere. Proprio come la poesia di Claudio Damiani.
Una poesia da “Il fico sulla fortezza”:
Prova d’esame
Fra cento anni, fra diecimila, fra un milione
ci sarà sempre la ragazza annoiata
che gli dai il compito di matematica
e non sa fare un cazzo, e si rigira
si preoccupa, gli sembra arabo il compito
e poi la vedi che si gingilla con la penna,
ci sarà sempre, ci sarà sempre la bellezza
che ti prende alla gola, ti attanaglia e ti soffoca
e non puoi fare un cazzo, puoi lasciarti trafiggere
solo e lasciare che lentamente evapori
quella fitta al cuore, quella felicità improvvisa
e quel dolore, quella sensazione
di aver capito e non aver capito un cazzo.

Daniele Campanari

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