Nel settembre 1979, a cinquantasei anni, Arturo Benvenuti si è messo alla guida del suo camper per ripercorrere le Viae Crucis del Novecento: un pellegrinaggio laico e riparatore lungo le stazioni di Auschwitz, Terezín, Mauthausen-Gusen, Buchenwald, Dachau, Gonars, Monigo, Renicci, Banjica, Ravensbrück, Jasenovac, Belsen, Gürs, per incontrare decine di sopravvissuti, recuperare testimonianze perdute e restituire alla memoria del mondo questi disegni autografi, realizzati dagli internati nei lager nazifascisti durante la loro prigionia.
Il 14 ottobre Benvenuti, pittore, poeta, sopravvissuto al genocidio scrive a Primo Levi: «Ho da qualche tempo ultimato il mio lavoro, conclusosi nella raccolta di qualche centinaio di foto riproducenti disegni eseguiti da internati nei […] campi di concentramento. La mia ricerca si è estesa praticamente a tutta l’Europa – ma anche fuori –, con numerosi viaggi. Lo scopo: pubblicare un volume con i disegni da me scelti, lasciando agli stessi il compito di denunciare e descrivere – non lo si è fatto abbastanza – l’immane dramma». Levi ne scrisse una nota che oggi è prefazione: «Mancava finora in Italia un libro come questo. Penso che, al di là della pura commemorazione, esso abbia un valore suo specifico: a descrivere quell’orrore, la parola risulta carente. Le immagini qui riprodotte non sono un equivalente o un surrogato: esse sostituiscono la parola con vantaggio, dicono quello che la parola non sa dire. Alcune hanno la forza immediata dell’arte, ma tutte hanno la forza cruda dell’occhio che ha visto e che trasmette la sua indignazione».
Quel desiderio si è avverato grazie alla casa editrice Beccogiallo che ha pubblicato lo scorso 22 gennaio “K.Z. – disegni dai campi di concentramento nazifascisti”, volume che raccoglie 250 disegni originali dei deportati dai nazifascisti e qualche poesia dello stesso Benvenuti. L’acronimo K. Z. rimanda a Ka-tzetnik, ovvero “prigioniero del campo di concentramento”, con riferimento al detenuto piuttosto che al luogo o alla forma di detenzione. Ka-tzetnik associato al numero era il modo abituale con cui venivano chiamati i prigionieri nei campi, simbolo per eccellenza di spersonalizzazione. In realtà il libro era già stato autoprodotto dall’autore e stampato in circa 1500 copie in edizione fuori commercio nel 1983, poi distribuito gratuitamente a biblioteche e personalità politiche, tra cui l’allora Presidente della Camera Nilde Iotti, che ne elogiò lo straordinario valore e lavoro.
Ecco l’arte dentro al canale della morte, che sa dell’impronta delle mani ancora visibile nei forni crematori. L’urlo di Munch disegnato da chi non aveva voce, non aveva gola. Se giornata della Memoria c’è stata, che lo sia anche oggi. E domani. E ancora: siete mai riusciti a spegnere la vostra memoria? Di seguito una poesia di Benvenuti da una precedente raccolta (non ci sono anticipazioni su quelle contenute nell’ultimo volume):
Non è la nostalgia,
l’illusione dei luoghi
e dei tempi, il disfacimento
dei sentimenti, la mistificazione
della parola o l’attesa
delusa l’ostinato ritorno
alle tue bianche scogliere.
È il grande canto dei venti
che dentro la carne il palpito
dello spirito ravviva, per
la promessa di un fiore
da cogliere con il soffio
di una nuova primavera
da “Jos”, 1978

Simone di Biasio

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