«La sua manovra era stata molto più azzardata della mia. Ma l’aveva compiuta per farmi rispettare la legge. Sentendosi perfettamente virtuoso. Questo episodio mi insegnò molte più cose sul carattere tedesco di un trattato di sociologia». Franco Buffoni, invece, ci insegna molte più cose sul carattere di un poeta di un trattato di politica economica. Scrive di manovre economiche descrivendo manovre automobilistiche. Il suo libro “O Germania” (Interlinea, 2015) si apre con un aneddoto intitolato “Mercedes vs Bmw”, ma che poteva intitolarsi: “Italiano alla guida di macchina tedesca vs. Tedesco alla guida di sé stesso”. Si tratta di un volumetto molto interessante dell’autore lombardo, scrittore e poeta (non è il momento, questo, di innescare polemiche su: “Ma perchè, un poeta non è anche uno scrittore?”) che pare letteralmente divertito a inviare un messaggio potentemente politico dal suo Ministero degli Affari in versi. Una invettiva come non si leggeva da qualche anno a questa parte.
La riflessione sulle politiche di una nazione tra poesia e prosa si fa anche riflessione sulla lingua, efficacissima: «Se a Milano per definire il “brutto” | si ricorre al peccato, | a Napoli si afferma senza dubbio | “brutto comm ‘o debbito”. | Mai così uniti: schiavi tristi». Brutto come il debito: potrebbe sembrare una difesa a spada tratta dell’Italia, della Grecia. Non sembra, lo è. Eppure trattasi di una difesa che argomenta l’uso della spada tratta dai versi senza lasciarsi andare a smancerie liriche, ma chiedendosi piuttosto: «Di quante leggi razziali sono ligio complice io?».
Le riflessioni sulla lingua, o meglio sulla lingua dei luoghi tornano anche quando bisogna «Trovare un’altra parola al posto di campagna | Per indicare questi campi e quelle | Rampe di vigneti, il muro in fondo e gli eseguiti. | Ma non gridano più neanche vendetta | Queste distese di ossa sopraffatte | Da più fresche fila di morti col cappotto». Qui mi viene in mente un ricordo personalissimo di una antologia talmente popolare e volgare da essere universale, eredità di qualsiasi popolo.
Il prof. Antonio Parisi, tra i fondatori della Scuola di Cinema e Televisione di Roma, scrisse negli Anni 80 un “Canzoniere Fondano” teso a raccogliere le esperienze di vita degli abitanti di Fondi e dintorni. Tra le sue oltre 100 liriche, spicca quella in cui il migrante era stufo non tanto della terra tedesca, ma quasi dei prodotti della terra tedesca che non venivano indicati col giusto nome: le patate erano “kartoffeln”, ma lui voleva tornare in patria solo per mangiare le sue “patane” (patate), come se la lingua desse più sapore alla bocca (perchè, non lo fa davvero?). I collegamenti con Buffoni sembrano molteplici se solo si pensa alla Germania, alla lingua e a Fondi. Sì, perchè in una poesia di “O Germania” c’è un componimento dedicato a Sereni e a de Libero. Questo il componimento in questione:
E mi si fanno vicine
La poesia di Sereni su Amsterdam
Del cinquantasette
E quella di De Libero
Settembre tedesco del quarantatré.
Claudio bambino odoroso di pelle nuova
Che non si addice al mattino tedesco
Ucciso perchè ride non si allontana
Senza gli avanzi del rancio.
E a Sereni l’olandese che ammette
Sono tornati come turisti li accogliamo
E diamo loro anche informazioni
Ma non una parola in più.
*Il pezzo è uno stralcio del più ampio articolo che sarà pubblicato nel prossimo numero di aprile/maggio di “Readers Bench“.

Simone di Biasio

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